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ottobre 2016

Gli errori da evitare quando si lavano i denti

Lavarsi i denti può sembrare un’azione banale, ci sono però alcuni errori che potrebbero influire sull’igiene dentale e la salute di bocca e gengive. Prima di vedere come lavare i denti in modo corretto, vediamo di sfatare alcuni falsi miti dell’igiene orale. Per aiutarci in questo compito partiamo da alcune informazioni date in occasione di un incontro organizzato dall’Associazione Nazionale Dentisti Italiani (Andi). L’evento “Vivi sano‚ mantieni la tua bocca in salute”, dedicato alla prevenzione, si è tenuto presso la sede dell’Enpam (Ente nazionale di previdenza e assistenza dei medici e degli odontoiatri).

Un’indagine della Fdi – World dental federation (Federazione dentaria internazionale), condotta in 12 paesi su un campione di oltre 12 mila persone, ha rilevato che ci sono diversi comportamenti che si pensano corretti ma che in realtà non hanno alcuna valenza scientifica. Fra tutti ci sono tre abitudini molto ricorrenti:

  1. Lavarsi i denti subito dopo aver mangiato;
  2. Sciacquarsi la bocca con l’acqua per liberarsi del dentifricio;
  3. Bere succhi di frutta pensando che siano meno dannosi delle bibite gassate.

 

Quando lavare i denti? Nell’ambito della ricerca è emerso che più della metà del campione intervistato, circa il 56 per cento, ritiene importante lavarsi i denti appena finito di mangiare. Questo mito si è diffuso anche a causa delle numerose informazioni, spesso non accurate, che si possono trovare in giro per la rete. Il consiglio dei dentisti è quello di aspettare almeno 30 minuti dopo ogni pasto prima di iniziare a spazzolare i denti.

Il dentifricio è pericoloso se ingerito? Il dentifricio non dovrebbe mai essere ingerito, durante il lavaggio dei denti se ne possono però ingerire piccole quantità senza alcun pericolo per la salute. Per i bambini sotto i sei anni è bene che siano i genitori a mettere una piccola quantità di dentifricio sullo spazzolino, in questo modo si evita un eventuale rischio di fluorosi (una condizione patologica che si manifesta con una continua e regolare ingestione di dosi eccessive di fluoro). Per “paura” del dentifricio, ben il 68 per cento del campione intervistato ritiene si debba sciacquare la bocca con acqua per togliere il residuo di dentifricio, in realtà si tratta di un errore da evitare. I dentisti sconsigliano infatti il risciacquo con acqua e suggeriscono semplicemente di sputare il dentifricio in eccesso. Con il risciacquo si elimina il rivestimento protettivo al fluoro lasciato dal dentifricio, alcuni specialisti consigliano addirittura di evitare per almeno mezz’ora tutti i liquidi dopo che ci si è lavati i denti.

Le bibite gasate danneggiano i denti? Ormai quasi tutti sanno che le bibite gasate possono danneggiare i denti, più di una persona su tre di quelle coinvolte nell’indagine ritiene però i succhi meno dannosi e li predilige alle prime. È bene però evidenziare che sia le bibite gasate che i succhi presentano un alto livello di zuccheri e possono quindi causare la carie. Alcuni ritengono le bibite gasate più pericolose per via degli acidi che contengono, nella maggior parte dei casi l’effetto di queste sostanze sui denti viene però neutralizzato in modo naturale dalla saliva. In determinate situazioni questo effetto protettivo può però essere meno efficiente, molto dipende infatti dalle caratteristiche individuali che possono differire per concentrazione e composizione della saliva.

Come proteggere i denti dalle bevande acide e zuccherate? Quando le bevande entrano in contatto con il nostro cavo orale, rispetto ai cibi solidi, permangono per un periodo molto breve nell’ambiente. Possiamo quindi dire che il loro effetto sui denti è inferiore ma non nullo. Per diminuire ulteriormente i possibili effetti possiamo seguire 5 semplici consigli per limitare l’effetto delle bevande sui denti:

  • Potrebbe sembrare scontato ma il primo consiglio è quello di evitare le bevande che contengono zucchero e acidi. Per placare la sete, o passare del tempo in compagnia, meglio scegliere altri liquidi quali: acqua, latte tisane e infusi.
  • Sopratutto fuori dai pasti, è importante ridurre l’assunzione di bevande gassate. Se si consumano all’interno di un pasto vi è una maggiore produzione di saliva che aiuta a contrastare l’acidità delle bibite.
  • Quando si sorseggiano bibite gassate bisognerebbe ridurre la loro permanenza in bocca, questo perché esporrebbe i denti alle sostanze acide per un periodo più lungo. Se uno è sovrappensiero, per esempio quando si guarda la televisione, potrebbe capitare che dopo un sorso, prima di deglutire, si lasci il liquido più a lungo in bocca.
  • Gli esperti sconsigliano l’utilizzo dello spazzolino subito dopo aver bevuto bibite gassate, le ragioni sono due: una è relativa all’indebolimento della superficie dei denti per via dell’acido, l’altra riguarda l’effetto anestetizzante che potrebbe comportare una maggiore pressione dello spazzolino sulle gengive.
  • L’ultimo consiglio, valido sopratutto se si bevono bibite gasate fuori pasto, è quello di bere qualche sorso di acqua (magari con una piccola aggiunta di bicarbonato) dopo la bevanda. Questo consiglio vale anche dopo aver mangiato dei dolci, l’acqua aiuta infatti ad eliminano parte degli zuccheri che possono favorire la formazione della carie.

 

Oltre ai tre punti a cui abbiamo deciso di dedicare un’ampia parte di approfondimento in questo articolo, nel corso dell’indagine della World Dental Federation sono emersi altri aspetti altrettanto importanti per la salute dei denti. Solo il 28 per cento degli intervistati è consapevole che un consumo moderato di alcolici aiuta a preservare la salute orale. Quasi il 70 per cento, una percentuale si alta ma con ampi margini di miglioramento, riconosce che un consumo eccessivo di zuccheri è dannoso per la salute. Il 66 per cento sa che bisogna evitare il fumo per non avere problemi di salute orale (per maggiori informazioni vi consigliamo la lettura dell’articolo Danni provocati dal fumo: denti). Circa il 77 per cento sa che è consigliabile fare una visita odontoiatrica una volta l’anno, solo il 52 per cento afferma però di seguire questa regola.

Giovanni Evangelista Mancini, presidente dall’Associazione Nazionale Dentisti Italiani e Medico – Chirurgo specializzato in Odontostomatologia e in Ortognatodonzia, spiega che una buona salute orale è molto più di un bel sorriso. Esistono diversi studi scientifici che hanno messo in relazione una scarsa salute orale con una serie di patologie quali: diabete, malattie cardiovascolari, cancro al pancreas, polmonite e Alzheimer.

È importante capire fin dai primi anni di vita quali sono le buone abitudini da seguire, chi inizia bene dall’infanzia avrà maggiori probabilità di conservare anche in tarda età una salute orale ottimale. Il primo passo per una buona igiene orale riguarda la pulizia dei denti, vediamo quindi come lavarsi i denti correttamente e successivamente come prevenire la carie.

(Tratto da: http://www.universonline.it/_benessere/salute/17_03_24_a.php)

La sindrome della bocca secca: come curarla

La sindrome della bocca secca (o xerostomia) è una malattia della bocca causata dalla mancanza o dalla diminuzione della produzione della saliva. La sindrome della bocca secca è una malattia che non si riscontra frequentemente ma può provocare importanti disagi nella persona che ne è affetta anche per il solo fatto che non esiste una cura veramente efficace. Infatti la mancanza di saliva causa tutta una serie di conseguenze nel cavo orale sia sui denti che sulle gengive.

LA SALIVA E LA SALUTE DELLA BOCCA

La saliva è un elemento fondamentale della bocca. E’ un composto fluido costituito da acqua, elettroliti, sali minerali, enzimi, immunoglobuline, etc, e possiede diverse azioni. La saliva serve a preparare il bolo alimentare impastando il cibo tramite l’azione della lingua prima di essere ingerito, ha una azione antifettiva tramite la lisozima, un enzima che possiede una forte azione antibatterica, ha una importante azione anticarie poiché provvede insieme alla lingua a rimuovere i residui di cibo presenti nella bocca, serve a umidificare l’ ambiente del cavo orale mantenendo sempre umide e ben bagnate le gengive. Quindi la saliva ha tutta una serie di azioni per mantenere in equilibrio l’ambiente del cavo orale e proteggere i denti dalla carie mantenendo a un basso livello la carica batterica.

PERCHE’ VIENE LA SINDROME BOCCA SECCA

La saliva viene prodotta dalle ghiandole salivari che sono distribuite su tutta la superficie della bocca. In particolare la maggior quantità viene prodotta dalle ghiandole salivari maggiori (la parotide, la sottomandibolare, la sottolinguale). Se tali ghiandole vengono colpite da processi patologici allora la saliva può scomparire dalla bocca. Numerosi tipi di farmaci, stress sia fisici che psichici, malattie autoimmuni, il diabete possono provocare la perdita della produzione della saliva. Situazioni particolarmente gravi si hanno nel caso di una sindrome della bocca secca dovuta a radioterapia in quanto si ha una distruzione irreversibile del tessuto ghiandolare con perdita definitiva della saliva. Con la perdita della saliva le gengive si ulcerano e diventano dolenti, sulla lingua si formano ragadi e fissurazioni, i denti si cariano molto velocemente con estese distruzione dello smalto e della dentina.

LA TERAPIA NELLA SINDROME DELLA BOCCA SECCA

Non esiste alcuna valida terapia poiché l’unico modo è quello di aumentare la quantità di saliva prodotta e non si conoscono farmaci che svolgano tale azione. La prevenzione è l’unica modalità valida poiché una volta instaurata la sindrome della bocca secca è difficilmente reversibile e poco curabile. Naturalmente occorre evitare alimenti o bevande che possano ulteriormente peggiorare il bruciore. Nel caso che esista una certa funzionalità residua delle ghiandole salivari si può stimolare la produzione di saliva tramite caramelle o gomme da masticare conteneti xilitolo per una prevenzione della carie.

Agenesia dentaria: come comportarsi?

Per agenesia dentaria si intende la mancanza di uno o più denti fino alla mancanza di tutti i denti. Le agenesie possono interessare sia i denti da latte che i denti definitivi, sono più frequenti nelle femmine rispetto ai maschi e si verificano soprattutto tra consanguinei. Percentualmente i denti più interessati sono i denti del giudizio sia superiori che inferiori, gli incisivi latrali superiori e i secondi premolari inferiori. Possono mancare sia singolarmente che in coppia. Se molta rara è la agenodonzia (l’assenza totale della dentizione decidua) così come l’ablastodonzia (la mancanza di tutti i denti permanenti), la oligodonzia (mancanza di alcuni denti da latte) e la ipodonzia (mancanza di alcune denti permanenti) colpiscono circa il 10% della popolazione.

QUALI SONO LE CAUSE ?

L’agenesia è sempre riferibile alla mancanza o al danneggiamento del follicolo dentario cioè della struttura che da origine al dente. Il follicolo può mancare per un difetto genetico o per danneggiamento che avviene durante la fase dello sviluppo per motivi infettivi, traumatici o metabolici o deficienze vitaminiche. Le forme più gravi si verificano in sindromi complesse che interessano contemporaneamente vari organi. Ci si accorge della mancanza di un dente solitamente durante il periodo della permuta quando, dopo la caduta del dente da latte, non erompe il dente definitivo corrispondente. Occorre prestare molta attenzione per capire se manca effettivamente il dente oppure se questo è rimasto “intrappolato” sotto gengiva e quindi non può erompere. La certezza la si ottiene con un esame radiografico che permette di valutare la presenza o meno del dente definitivo e dei suoi rapporti con denti vicini e le altre strutture anatomiche.

COSA SUCCEDE SE MANCANO UNO O PIU’ DENTI?

La agenesia di uno o più denti determina tutta una serie di problematiche di ordine sia funzionale che estetico e psicologico. Prima di tutto bisogna considerare l’età del paziente. Nel caso di bambini l’agenesia provoca nei genitori ansia che inevitabilmente si riflette sul figlio (i genitori si preoccupano a volte in maniera esagerata e trasmettono tale loro stato ai figli anche in maniera inconsapevole). Se il problema dell’ agenesia si verifica nell’età dell’adolescenza spesso si ha un notevole disagio psicologico proprio in un momento così delicato nella formazione del carattere della persona (classico è l’esempio di ragazze con la mancanza del laterale incisivo superiore). Infine se l’ agenesia viene compresa nell’età adulta si innescano ancora altri meccanismi con problemi di relazione sociale (basti pensare alle criticità legate all’attività lavorativa). In generale la mancanza di uno o più denti viene vissuta come una “mutilazione” del proprio corpo con una distorsione del se corporeo e una grave mancanza estetica. Per quanto riguarda le problematiche funzionali queste riguardano sia l’occlusione che l’ortodonzia. L’agenesia anche di un solo dente implica tutta una serie di conseguenze sugli altri denti e sul complesso dell’apparato della masticazione con possibili implicazioni gnatologiche e ortodontiche. Si possono verificare rotazioni, dislocazioni, movimenti del denti in varie direzioni con conseguenti malposizionamenti . Infine bisogna considerare il lato economico, poiché spesso il trattamento è multidisciplinare e implica la partecipazione di specialisti nelle varie branche odontoiatriche e per un lasso considerevole di tempo: tutto ciò si traduce in piani terapeutici lunghi e costosi.

IL TRATTAMENTO DELLE AGENESIE

Da quanto detto si evince che il trattamento della mancanza congenita dei denti è sempre una terapia complessa e carica di incognite con varie opzioni terapeutiche. Occorre considerare l’età del paziente, quanti denti mancano, la posizione dei denti mancanti, il grado di collaborazione, le implicazioni funzionali e estetiche, etc. In ogni caso è necessario prima di tutto fare un accurato esame con indagini radiografiche (ortopantomografia e cefalometria) e valutare l’età del soggetto. In linea di massima si possono seguire tre diverse opzioni: ortodonzia, protesi, oppure la combinazione tra ortodonzia e protesi. Nel primo caso usando solo il trattamento ortodontico si chiude lo spazio che si è venuto a creare per la mancanza del dente: è una soluzione di “ripiego” nel senso che ci si accontenta di chiudere il vuoto senza poter ristabilire melmoso ottimale la masticazione l’estetica. Se invece si decide di fare un trattamento protesico occorrerà coinvolgere i denti adiacenti e costruire un ponte per chiudere lo spazio oppure con un apparecchio rimovibile parziale. Anche qui si tratta di una soluzione “non ottimale” in quanto si deve intaccare dei denti sani oppure usare un apparecchio mobile che crea un certo discomfort. Si può anche usare anche una soluzione tipo Maryland Bridge ma anche questa è una terapia difficilmente perseguibile nel tempo. Allo stato attuale delle conoscenze mediche la migliore soluzione è quella che implica sia l’ortodonzia che la protesi e la chirurgia implantare (purtroppo è anche quella più lunga nel tempo e più costosa). Si tratta di operare in varie fasi distinte per un certo arco di tempo: la prima consiste nel creare lo spazio giusto per il futuro dente tramite l’ortodonzia e “bloccare” tale spazio tramite una protesi provvisoria. Stabilita la fine crescita del paziente si potrà inserire un impianto endosseo tramite la chirurgia implantare. Una volta raggiunta l’osteointegrazione dell’impianto si procedere con la protesi definitiva. In definitiva la terapia dell’agenesia dentaria può risultare molto impegnativa sia per il paziente che per il professionista che dovrà attentemente valutare i costi e i benefici di uno o dell’altro trattamento così come soppesare i vari vantaggi e svantaggi per poter individuare la migliore soluzione. Non esiste un trattamento unico: occorre ricercare quello che è migliore per quel determinato paziente ovvero perseguire una terapia mirata e individuale al fine di ottenere risultati ottimali sia estetici che funzionali.